Fabio scrive:
D: Se le e' possibile, vorrei un parere per la ventilazione domestica di un appartamento di circa 120mq abitato da 4 persone.
Sono particolarmente interessato alle problematica dell'inquinamento indoor.
Le possibilita' che ho esplorato sono:
- ricambio d'aria con recuperatore di calore (scartata):
necessita' canalizzazioni e quindi di difficile implementazione anche se e' la migliore in quanto garantisce anche un'umidita' costante.
- ricambio d'aria a circolazione naturale (scartata)
ho qualche dubbio in quanto vorrei inserire dei filtri sull'aria entrante
- ricambio d'aria a circolazione forzata (soluzione preferita)
un aspiratore al centro dell'appartamento e prese d'aria nelle singole stanze escludendo i bagni
le prese avrebbero dei filtri a carbone (ho case vicino con camini e l'inverno non e' possibile aprire le finestre) e antipolline per le allegie (mia e di mia figlia) ma non so su cosa orientarmi e so che cosi' avrei perdite di calore e problemi sull'umidita' (anche se l'impianto a pavimento che ho dovrebbe contribuire a non rendere secca l'aria) ma oggi apro le finestre per cui ...
- purificazione dell'aria (in integrazione al ricambio)
con filtri di vario tipo piu' ionizzatore ( e qui si aprono le varie e disparate proposte delle varie ditte ), ho visto quelli Xxxxx con generazione di ioni negativi e positivi, altri che interrompono la ionizzazione (solo negativa) in caso di rilevazione di inquinanti e la riprendono dopo la depurazione.
Le possibilita' sono diverse ed ognuna ha molteplici aspetti di cui tener conto per cui un po' mi perdo.
Per questo motivo vorrei una sua indicazione per poter fare la scelta migliore.
In particolare, ad esempio, non ho trovato prese d'aria con filtri (carbone + antipolline) per uso residenziale di facile installazione (ad esempio pensavo di integrarli nel cassettone delle tapparelle se possibile) o comunque con il minino lavoro di muratura possibile.
Stesso discorso per la vasta gamma di prodotti per la purificazione.
Infine pensavo a sensori ed attuatori sulle prese d'aria e sull'aspiratore per regolare il flusso. A parte la scelta dei sensori (ho trovato interessante il documento sui sensori e provero' a cercarli sul sito Xxxxxxx) non ho problemi di implementazione in quanto posso programmare microprocessori o plc allo scopo.
R: Esistono molte soluzioni per migliorare la qualità dell’aria nelle proprie abitazioni, attraverso una corretta ventilazione o altri tipi di intervento, ma non è facile suggerire quale potrebbe essere la soluzione migliore nel singolo caso. Tuttavia, vi sono delle regole generali, la cui corretta applicazione può portare a dei grossi miglioramenti, senza la necessità di spendere grandi cifre o di affrontare complicati lavori di ristrutturazione.
La prima regola, è che la misura più efficace in assoluto per diminuire gli inquinanti nell’aria è il controllo delle fonti: cioè, non ha senso cercare di abbattere gli inquinanti se prima non si è fatto nulla per diminuirne la produzione. Nelle case si utilizzano centinaia di prodotti chimici completamente inutili, soprattutto per la pulizia. Sono loro i primi responsabili delle sensibilizzazioni allergiche, soprattutto nei bambini. Quindi, si devono utilizzare solo i prodotti indispensabili, di formulazione più semplice possibile (niente additivi, come coloranti, profumi, ammorbidenti, disinfettanti ecc.). Allergici si diventa, tanto più precocemente quanto più si è esposti a sostanze chimiche artificiali di ogni tipo. Naturalmente in casa non si deve fumare, non si devono usare abitualmente candele, incensi e simili (qualsiasi combustione imperfetta produce quantità incredibili di inquinanti), deodoranti, solventi e vernici (se non ad acqua). Queste sono le fonti realmente pericolose e quantitativamente molto importanti, che possiamo semplicemente decidere di eliminare, non usando più questi prodotti.
La seconda regola riguarda gli aspetti di ventilazione: gli inquinanti seguono il percorso dell’aria, e il movimento dell’aria è determinato dalle differenze di pressione. Per tenere fuori gli inquinanti esterni, l’abitazione deve essere complessivamente mantenuta in leggera sovrapressione, mentre, per fare uscire gli inquinanti interni, bisogna tenere in depressione i locali più inquinati, in modo da espellere gli inquinanti verso l’esterno.
Dal punto di vista pratico, segnalerei a lei e agli altri lettori interessati, un noto costruttore francese di componenti per ventilazione, che distribuisce sul mercato italiano una gamma di prodotti specializzati per la ventilazione domestica (vedi questa interessante guida tecnico/commerciale).
venerdì 6 aprile 2007
Ventilazione sugli aerei
Pier Sergio scrive:
D: Ho letto il Suo rapporto riguardante la qualità dell'aria sugli aerei di linea e l'ho trovato molto interessante; fra due giorni partirò per Bangkok a bordo di un Boeing 747-400 della Thai Airways e saro' di ritorno in Italia a bordo di un Airbus A340-600. Mi chiedevo se Lei fosse cosi' gentile da fornirmi una Sua opinione sulla qualità dell'aria di questi aeromobili, gliene sarei molto grato.
R: Non possiedo dati aggiornati sugli aerei di suo interesse, ma le posso dire che, in genere, sugli Airbus il ricambio d'aria è inferiore rispetto ai Boeing: ogni Compagnia però ha le sue regole, e può stabilire autonomamente un diverso tasso di ventilazione (attenzione, sulle low-cost è veramente molto ridotto... ma anche le Compagnie "normali" ultimamente cercano di risparmiare il più possibile). La cosa migliore è cercare di informarsi prima del volo, anche se si tratta di informazioni difficili da ottenere (hanno paura di possibili ritorsioni legali in caso di malore!). Bisogna tenere presente che la ventilazione è sempre migliore nella parte anteriore del velivolo, che in genere corrisponde alla prima classe. In caso di malessere in volo, il personale ha di solito disposizione di spostare il passeggero, se c'è posto, nella classe superiore.
D: Ho letto il Suo rapporto riguardante la qualità dell'aria sugli aerei di linea e l'ho trovato molto interessante; fra due giorni partirò per Bangkok a bordo di un Boeing 747-400 della Thai Airways e saro' di ritorno in Italia a bordo di un Airbus A340-600. Mi chiedevo se Lei fosse cosi' gentile da fornirmi una Sua opinione sulla qualità dell'aria di questi aeromobili, gliene sarei molto grato.
R: Non possiedo dati aggiornati sugli aerei di suo interesse, ma le posso dire che, in genere, sugli Airbus il ricambio d'aria è inferiore rispetto ai Boeing: ogni Compagnia però ha le sue regole, e può stabilire autonomamente un diverso tasso di ventilazione (attenzione, sulle low-cost è veramente molto ridotto... ma anche le Compagnie "normali" ultimamente cercano di risparmiare il più possibile). La cosa migliore è cercare di informarsi prima del volo, anche se si tratta di informazioni difficili da ottenere (hanno paura di possibili ritorsioni legali in caso di malore!). Bisogna tenere presente che la ventilazione è sempre migliore nella parte anteriore del velivolo, che in genere corrisponde alla prima classe. In caso di malessere in volo, il personale ha di solito disposizione di spostare il passeggero, se c'è posto, nella classe superiore.
domenica 1 aprile 2007
Olf e decipol sono ancora attuali ?
Marzia scrive:
D: Sto realizzando una tesi sulla qualità dell'aria nell'ambiente domestico; ho trovato un buon aiuto nelle Sue fonti, volevo però chiederLe alcuni chiarimenti relativamente al rapporto esistente tra l'olf e Le varie sostanze chimiche riscontrabili in casa e se ha dei dati relativi al carico di inquinanti percepito in ambiente domestico, provocato da mobilio, materiali di rivestimento, e cosi' via(olf/m2). Ulteriore chiarimento relativo al tasso di ricambio, vorrei sapere se ad esempio ci sono differenze tra quello richiesto per l'acido solfidrico e quello per l'ammoniaca.
R: non esiste un rapporto preciso e definibile tra l’olf e le sostanze chimiche in genere: un rapporto può essere stabilito (in maniera non molto precisa), attraverso complesse prove olfattometriche, solo con le sostanze percepibili (cioè che posseggono un odore identificabile), vedi l’articolo "Percezione della qualità dell'aria negli ambienti interni". Soprattutto per questo motivo, l’uso del metodo di Fanger non è raccomandabile. In genere, olf e decipol vanno bene (con qualche approssimazione) solo per quantificare il livello di inquinamento interno dovuto alla presenza delle persone ed al loro livello di attività fisica. Per maggiore chiarezza: se prelevo un campione d’aria da un ambiente interno inquinato e lo faccio valutare da una platea di annusatori professionisti, avrò un valore in decipol, ad esempio 10 decipol, che mi dice che quell’aria ha una qualità equivalente a quella di un ambiente dove sono presenti 10 persone che svolgono una attività fisica pari a 1 MET ciascuna, in presenza di un tasso di ventilazione pro capite di 10 litri di aria esterna al secondo (vedi le definizioni di olf e decipol, sempre nell’articolo citato). Tutto qui. In quell’aria potrebbe esserci di tutto, magari inquinanti cancerogeni e perfettamente inodori, ma questo tipo di valutazione non me lo può dire. Per questo motivo, gli inquinanti devono essere identificati e quantificati per mezzo di prove strumentali di analisi dell’aria.
Non esiste comunque un tasso di ricambio specifico per l’acido solfidrico o per l’ammoniaca: quello che conta è il massimo livello di concentrazione ammesso in un ambiente per le varie sostanze chimiche. Il tasso corretto di ventilazione è quello che permette di rispettare questi livelli, e può differire molto a seconda delle variabili presenti di volta in volta (tipo di locale, qualità dell’aria esterna utilizzata, efficienza di ventilazione dell’impianto ecc. ecc.). In ambito residenziale non si usano, in genere, dei livelli raccomandati per le singole sostanze, tranne alcune eccezioni particolari (ad esempio i limiti che si utilizzano anche per l’aria esterna, come quelli sul particolato PM10 e PM2,5, sul CO, sull’ozono ecc.). Si usano invece molto in ambito industriale, dove esistono numerose raccomandazioni, che però non sono utilizzabili in altre situazioni, perché si tratta di limiti stabiliti in riferimento all’esposizione discontinua (al massimo per 8 ore consecutive) di lavoratori adulti sani (mentre nelle abitazioni la popolazione esposta, in modo che può essere permanente, comprende anche soggetti molto più sensibili, come bambini, anziani, malati ecc.).
Ad esempio, i valori MAK ((Maximale Arbeitsplatz Konzentration), che sono i valori massimi di concentrazione calcolati in media su una giornata di lavoro, sono di 14 mg/m3 per l’ammoniaca e di 15 mg/m3 per l’acido solfidrico. Se in un reparto produttivo esistono queste sostanze in sospensione nell’aria, il tasso di ricambio dovrà essere tale da mantenerne la concentrazione al di sotto di questi livelli specifici.
Il metodo di valutazione della qualità dell’aria basato sugli olf e i decipol, quindi sulla percezione degli inquinanti, ha avuto il merito di far conoscere il problema dell’inquinamento interno ad una platea molto vasta, perché, in un certo senso, ha reso l’inquinamento meglio “riconoscibile”; d’altra parte, questo metodo si è rivelato insufficiente a prevenire i rischi per la salute causati dall’esposizione agli inquinanti non percepibili.
Molti inquinanti comportano un rischio molto elevato, ma non siamo in grado di avvertirne la presenza. Quindi, per ottenere un adeguato livello di comfort e, allo stesso tempo, garantire una efficace protezione alla nostra salute, è necessario, per quanto possibile, ridurre l’esposizione a tutte le sostanze nocive presenti nell’aria. Questo a prescindere dal fatto che siano o no percepibili dai nostri sensi.
Per riuscire in questo intento, si devono utilizzare altri metodi, di concezione più recente, che permettono di sfruttare tutte le risorse attualmente messe a disposizione dalla tecnologia del trattamento dell’aria. Ma, prima ancora, oggi si è compreso che il sistema più efficace di ridurre gli inquinanti è quello di prevenirne la diffusione: sembra banale, ma non lo è affatto. Mentre per alcuni inquinanti “fastidiosi”, è facile capire che, per eliminarli, è sufficiente modificare un comportamento sbagliato (come ad esempio fumare nei locali chiusi), per altri inquinanti, non altrettanto evidenti, il discorso della prevenzione è più complesso. Gli inquinanti più pericolosi in assoluto che possiamo trovare nei nostri locali sono il monossido di carbonio, le polveri estremamente sottili ed il Radon: tutte sostanze dalla presenza inavvertibile e molto difficili o impossibili da eliminare efficacemente una volta presenti nell’aria. La diffusione di questi inquinanti deve essere prevenuta, non contrastata. Lo stesso discorso vale per gli inquinanti esalati dai materiali che utilizziamo per costruire, arredare, colorare, rivestire e pulire i nostri edifici: tentare di diluirli e di abbatterli, una volta diffusi, è un controsenso logico ed un notevole spreco di risorse che non ci possiamo energeticamente più permettere.
Una volta fatto il possibile per prevenire la produzione e la diffusione degli inquinanti, possiamo pensare a come intervenire per ridurne la concentrazione residua presente nell’aria, per mezzo degli impianti di trattamento, in modo da ottenere aria sana e confortevole.
Il metodo ritenuto più efficace, per raggiungere un tale risultato, consiste nell’adozione dell’approccio cosiddetto “prestazionale” nella progettazione. Cioè il funzionamento dell’impianto si deve basare sulle prestazioni, ovvero sulla capacità di mantenere le concentrazioni degli inquinanti interni al di sotto dei massimi livelli raccomandati dalla comunità scientifica. Si tratta di un argomento piuttosto complesso. Molto in sintesi, questo metodo, a differenza dell’approccio detto “prescrittivo”, che si limita a prescrivere un certo ricambio d’aria a seconda della tipologia dei locali e della loro destinazione d’uso (sperando che, in media, questo sia sufficiente a contenere le concentrazioni degli inquinanti), si basa invece sulla rilevazione effettiva degli inquinanti e sull’impiego contemporaneo dell’aria esterna (in quantità “controllata”) e della filtrazione per diluirli e sequestrarli dall’ambiente. L’uso corretto di questo sistema, garantisce una effettiva prevenzione dei danni per la salute ed un notevole contenimento dei costi energetici, perché il tasso di ventilazione è regolato in base all’effettiva necessità, evitando inutili sprechi. La norma statunitense ASHRAE 62.1-2004 “Standard Ventilation for Acceptable Indoor Air Quality” descrive, a partire dall’edizione del 1981, un metodo prestazionale (IAQ Procedure), che ha avuto un grande successo “di critica” (perché è ben costruito e completo) ma scarso successo “di pubblico”, perché complesso e, a prima vista, di difficile applicazione.
Posso anticipare che la prossima edizione della norma italiana UNI 10339 “Impianti aeraulici al fini di benessere” (diciamo l’equivalente nostrano della ASHRAE 62) conterrà un metodo prestazionale che dovrebbe essere, almeno nelle intenzioni (speriamo anche nei fatti), semplice da assimilare e da applicare nella realtà degli impianti. In pratica, si cercherà di promuovere l’impiego dei sensori di inquinanti per governare le portate di ventilazione, nonché l’utilizzo di filtri sull’aria esterna, di efficienza commisurata alla reale quantità degli inquinanti effettivamente presenti nelle varie zone geografiche (in aggiunta alla filtrazione, quando necessaria, sull’aria all’interna degli ambienti). Sarà lasciata al progettista ampia libertà di scegliere le soluzioni tecniche a suo giudizio più opportune, a condizione che l’impianto sia in grado di garantire il rispetto dei limiti raccomandati di concentrazione degli inquinanti. I limiti saranno in gran parte quelli indicati nei documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità WHO (2000) “Air Quality Guidelines for Europe - 2nd edition" e WHO (2006) “Air Quality Guidelines for particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide”. Sarà inoltre raccomandato l’utilizzo, nella realizzazione degli edifici, di materiali certificati riguardo alla qualità e alla quantità di emissioni nocive.
In conclusione, la quantificazione del tasso di ricambio da adottare, in relazione alle varie sostanze presenti, dipenderà dall’applicazione di una determinata procedura: innanzi tutto, si dovrà procedere all’identificazione e alla quantificazione degli inquinanti “critici”, cioè quelli più pericolosi effettivamente presenti; quindi, si dovrà individuare il livello massimo ammesso di concentrazione per questi inquinanti; il tasso di ventilazione effettivo sarà quello che potrà garantire, attraverso un apposito calcolo (i cui risultati andranno verificati in sede di collaudo), il rispetto dei limiti raccomandati. Questa procedura, alla data di oggi, è in fase di stesura finale per l’incorporazione nella bozza definitiva della norma. Si prevede che il testo sarà disponibile per l’inchiesta pubblica entro la metà del 2007.
D: Sto realizzando una tesi sulla qualità dell'aria nell'ambiente domestico; ho trovato un buon aiuto nelle Sue fonti, volevo però chiederLe alcuni chiarimenti relativamente al rapporto esistente tra l'olf e Le varie sostanze chimiche riscontrabili in casa e se ha dei dati relativi al carico di inquinanti percepito in ambiente domestico, provocato da mobilio, materiali di rivestimento, e cosi' via(olf/m2). Ulteriore chiarimento relativo al tasso di ricambio, vorrei sapere se ad esempio ci sono differenze tra quello richiesto per l'acido solfidrico e quello per l'ammoniaca.
R: non esiste un rapporto preciso e definibile tra l’olf e le sostanze chimiche in genere: un rapporto può essere stabilito (in maniera non molto precisa), attraverso complesse prove olfattometriche, solo con le sostanze percepibili (cioè che posseggono un odore identificabile), vedi l’articolo "Percezione della qualità dell'aria negli ambienti interni". Soprattutto per questo motivo, l’uso del metodo di Fanger non è raccomandabile. In genere, olf e decipol vanno bene (con qualche approssimazione) solo per quantificare il livello di inquinamento interno dovuto alla presenza delle persone ed al loro livello di attività fisica. Per maggiore chiarezza: se prelevo un campione d’aria da un ambiente interno inquinato e lo faccio valutare da una platea di annusatori professionisti, avrò un valore in decipol, ad esempio 10 decipol, che mi dice che quell’aria ha una qualità equivalente a quella di un ambiente dove sono presenti 10 persone che svolgono una attività fisica pari a 1 MET ciascuna, in presenza di un tasso di ventilazione pro capite di 10 litri di aria esterna al secondo (vedi le definizioni di olf e decipol, sempre nell’articolo citato). Tutto qui. In quell’aria potrebbe esserci di tutto, magari inquinanti cancerogeni e perfettamente inodori, ma questo tipo di valutazione non me lo può dire. Per questo motivo, gli inquinanti devono essere identificati e quantificati per mezzo di prove strumentali di analisi dell’aria.
Non esiste comunque un tasso di ricambio specifico per l’acido solfidrico o per l’ammoniaca: quello che conta è il massimo livello di concentrazione ammesso in un ambiente per le varie sostanze chimiche. Il tasso corretto di ventilazione è quello che permette di rispettare questi livelli, e può differire molto a seconda delle variabili presenti di volta in volta (tipo di locale, qualità dell’aria esterna utilizzata, efficienza di ventilazione dell’impianto ecc. ecc.). In ambito residenziale non si usano, in genere, dei livelli raccomandati per le singole sostanze, tranne alcune eccezioni particolari (ad esempio i limiti che si utilizzano anche per l’aria esterna, come quelli sul particolato PM10 e PM2,5, sul CO, sull’ozono ecc.). Si usano invece molto in ambito industriale, dove esistono numerose raccomandazioni, che però non sono utilizzabili in altre situazioni, perché si tratta di limiti stabiliti in riferimento all’esposizione discontinua (al massimo per 8 ore consecutive) di lavoratori adulti sani (mentre nelle abitazioni la popolazione esposta, in modo che può essere permanente, comprende anche soggetti molto più sensibili, come bambini, anziani, malati ecc.).
Ad esempio, i valori MAK ((Maximale Arbeitsplatz Konzentration), che sono i valori massimi di concentrazione calcolati in media su una giornata di lavoro, sono di 14 mg/m3 per l’ammoniaca e di 15 mg/m3 per l’acido solfidrico. Se in un reparto produttivo esistono queste sostanze in sospensione nell’aria, il tasso di ricambio dovrà essere tale da mantenerne la concentrazione al di sotto di questi livelli specifici.
Il metodo di valutazione della qualità dell’aria basato sugli olf e i decipol, quindi sulla percezione degli inquinanti, ha avuto il merito di far conoscere il problema dell’inquinamento interno ad una platea molto vasta, perché, in un certo senso, ha reso l’inquinamento meglio “riconoscibile”; d’altra parte, questo metodo si è rivelato insufficiente a prevenire i rischi per la salute causati dall’esposizione agli inquinanti non percepibili.
Molti inquinanti comportano un rischio molto elevato, ma non siamo in grado di avvertirne la presenza. Quindi, per ottenere un adeguato livello di comfort e, allo stesso tempo, garantire una efficace protezione alla nostra salute, è necessario, per quanto possibile, ridurre l’esposizione a tutte le sostanze nocive presenti nell’aria. Questo a prescindere dal fatto che siano o no percepibili dai nostri sensi.
Per riuscire in questo intento, si devono utilizzare altri metodi, di concezione più recente, che permettono di sfruttare tutte le risorse attualmente messe a disposizione dalla tecnologia del trattamento dell’aria. Ma, prima ancora, oggi si è compreso che il sistema più efficace di ridurre gli inquinanti è quello di prevenirne la diffusione: sembra banale, ma non lo è affatto. Mentre per alcuni inquinanti “fastidiosi”, è facile capire che, per eliminarli, è sufficiente modificare un comportamento sbagliato (come ad esempio fumare nei locali chiusi), per altri inquinanti, non altrettanto evidenti, il discorso della prevenzione è più complesso. Gli inquinanti più pericolosi in assoluto che possiamo trovare nei nostri locali sono il monossido di carbonio, le polveri estremamente sottili ed il Radon: tutte sostanze dalla presenza inavvertibile e molto difficili o impossibili da eliminare efficacemente una volta presenti nell’aria. La diffusione di questi inquinanti deve essere prevenuta, non contrastata. Lo stesso discorso vale per gli inquinanti esalati dai materiali che utilizziamo per costruire, arredare, colorare, rivestire e pulire i nostri edifici: tentare di diluirli e di abbatterli, una volta diffusi, è un controsenso logico ed un notevole spreco di risorse che non ci possiamo energeticamente più permettere.
Una volta fatto il possibile per prevenire la produzione e la diffusione degli inquinanti, possiamo pensare a come intervenire per ridurne la concentrazione residua presente nell’aria, per mezzo degli impianti di trattamento, in modo da ottenere aria sana e confortevole.
Il metodo ritenuto più efficace, per raggiungere un tale risultato, consiste nell’adozione dell’approccio cosiddetto “prestazionale” nella progettazione. Cioè il funzionamento dell’impianto si deve basare sulle prestazioni, ovvero sulla capacità di mantenere le concentrazioni degli inquinanti interni al di sotto dei massimi livelli raccomandati dalla comunità scientifica. Si tratta di un argomento piuttosto complesso. Molto in sintesi, questo metodo, a differenza dell’approccio detto “prescrittivo”, che si limita a prescrivere un certo ricambio d’aria a seconda della tipologia dei locali e della loro destinazione d’uso (sperando che, in media, questo sia sufficiente a contenere le concentrazioni degli inquinanti), si basa invece sulla rilevazione effettiva degli inquinanti e sull’impiego contemporaneo dell’aria esterna (in quantità “controllata”) e della filtrazione per diluirli e sequestrarli dall’ambiente. L’uso corretto di questo sistema, garantisce una effettiva prevenzione dei danni per la salute ed un notevole contenimento dei costi energetici, perché il tasso di ventilazione è regolato in base all’effettiva necessità, evitando inutili sprechi. La norma statunitense ASHRAE 62.1-2004 “Standard Ventilation for Acceptable Indoor Air Quality” descrive, a partire dall’edizione del 1981, un metodo prestazionale (IAQ Procedure), che ha avuto un grande successo “di critica” (perché è ben costruito e completo) ma scarso successo “di pubblico”, perché complesso e, a prima vista, di difficile applicazione.
Posso anticipare che la prossima edizione della norma italiana UNI 10339 “Impianti aeraulici al fini di benessere” (diciamo l’equivalente nostrano della ASHRAE 62) conterrà un metodo prestazionale che dovrebbe essere, almeno nelle intenzioni (speriamo anche nei fatti), semplice da assimilare e da applicare nella realtà degli impianti. In pratica, si cercherà di promuovere l’impiego dei sensori di inquinanti per governare le portate di ventilazione, nonché l’utilizzo di filtri sull’aria esterna, di efficienza commisurata alla reale quantità degli inquinanti effettivamente presenti nelle varie zone geografiche (in aggiunta alla filtrazione, quando necessaria, sull’aria all’interna degli ambienti). Sarà lasciata al progettista ampia libertà di scegliere le soluzioni tecniche a suo giudizio più opportune, a condizione che l’impianto sia in grado di garantire il rispetto dei limiti raccomandati di concentrazione degli inquinanti. I limiti saranno in gran parte quelli indicati nei documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità WHO (2000) “Air Quality Guidelines for Europe - 2nd edition" e WHO (2006) “Air Quality Guidelines for particulate matter, ozone, nitrogen dioxide and sulfur dioxide”. Sarà inoltre raccomandato l’utilizzo, nella realizzazione degli edifici, di materiali certificati riguardo alla qualità e alla quantità di emissioni nocive.
In conclusione, la quantificazione del tasso di ricambio da adottare, in relazione alle varie sostanze presenti, dipenderà dall’applicazione di una determinata procedura: innanzi tutto, si dovrà procedere all’identificazione e alla quantificazione degli inquinanti “critici”, cioè quelli più pericolosi effettivamente presenti; quindi, si dovrà individuare il livello massimo ammesso di concentrazione per questi inquinanti; il tasso di ventilazione effettivo sarà quello che potrà garantire, attraverso un apposito calcolo (i cui risultati andranno verificati in sede di collaudo), il rispetto dei limiti raccomandati. Questa procedura, alla data di oggi, è in fase di stesura finale per l’incorporazione nella bozza definitiva della norma. Si prevede che il testo sarà disponibile per l’inchiesta pubblica entro la metà del 2007.
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